Con sentenza n. 05415 pubblicata lo scorso 19 luglio,
la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha fornito al Ministero dell’Istruzione i necessari orientamenti al fine della corretta disamina delle richieste di riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli conseguiti all’estero, richiesti dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente.
Sotto il profilo giurisprudenziale, in merito al diniego del Ministero sul mancato riconoscimento del titolo di specializzazione sul sostegno acquisito in Romania la Sesta Sezione ha rilevato che il provvedimento di rigetto di tale istanza è illegittimo per difetto di motivazione in quanto “si limita esclusivamente a richiamare, in astratto, le differenze che esisterebbero tra Romania e Italia nel quomodo dell’erogazione del servizio pubblico dell’insegnamento di sostegno”.
Il Ministero, infatti, secondo il Consiglio di Stato,
si è limitato a riscontrare una diversa modalità di organizzazione del servizio pubblico di insegnamento sul sostegno, in Romania e in Italia,
ma non ha indicato le ragioni per le quali il livello delle conoscenze e delle qualifiche comunque attestato dal titolo estero, anche ove riferito all’insegnamento nell’ambito di scuole speciali, tenuto conto della natura e della durata degli studi,
non sia idoneo a soddisfare, anche parzialmente,
le condizioni richieste per accedere all’attività de qua nell’ambito dell’ordinamento italiano.
Le norme della direttiva europea 2005/36 CE, relative al riconoscimento delle qualifiche professionali, devono essere interpretate nel senso che impongono di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione rilasciati in un altro Stato membro “a condizione che la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazione a tempo parziale non siano inferiori a quelle della formazione continua a tempo pieno”. (Consiglio di Stato, sez. VI, 17 febbraio 2020, n. 1198).Pertanto, prosegue il supremo organo di giustizia amministrativa, le autorità nazionali sono tenute a valutare il diploma prodotto dalla parte istante, onde verificare “se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi”.Tale valutazione dell’equivalenza del diploma straniero deve effettuarsi esclusivamente in considerazione del livello delle conoscenze e delle qualifiche che il diploma, tenuto conto della natura e della durata degli studi e della formazione pratica di cui attesta il compimento, consente di presumere in possesso del titolare.Trattasi di procedura di valutazione comparativa necessaria per “consentire alle autorità dello Stato membro ospitante di assicurarsi obiettivamente che il diploma straniero attesti da parte del suo titolare il possesso di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quantomeno equipollenti a quelle attestate dal diploma nazionale” (Corte di Giustizia U.E. 6 ottobre 2015).
Alla luce di tale orientamento
il Ministero, pertanto,
ha il dovere di esaminare la documentazione presentata raffrontando, alla stregua delle indicazioni fornite dalla consolidata giurisprudenza europea,
da un lato, la qualificazione attestata dai diplomi, certificati e altri titoli nonché dall’esperienza professionale maturata dagli interessati nel settore e, dall’altro, la qualificazione professionale richiesta dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente. All’esito di tale procedura di valutazione comparativa, il ministero, valutato il percorso formativo seguito dai richiedenti, come attestato dai titoli esteri in proprio possesso,
deve verificare se sussistono le condizioni per accogliere, o rigettare con congrua motivazione, le istanze di riconoscimento all’uopo presentate in sede procedimentale.
sentenza_consiglio_di_stato_5415_2021