Falsa un po’ la realtà la ministra Azzolina quando afferma, come sta facendo ripetutamente, che i sindacati scioperano perché vogliono che sia conosciuto in anticipo il database dei quesiti per la prova scritta del concorso straordinario. Non è ovviamente solo questa la ragione di una protesta che segue mesi e mesi di trattative, con sofferte mediazioni che hanno prodotto ripetuti accordi in gran parte disattesi o stravolti. Né può invocare, la ministra, l’attenuante di aver assunto il suo incarico solo da poche settimane: non era certo altrove, come sottosegretaria, quando il ministero era guidato da Lorenzo Fioramonti, né stava all’opposizione quando Giuseppe Conte, anche allora premier, firmava l’intesa del 24 aprile, dalla quale prendeva avvio il lungo percorso di negoziati che ho ricordato poco fa.
Tre i contenuti di quell’intesa su cui va fissata l’attenzione, per non cadere in letture parziali e distorte dei fatti: l’impegno di porre le basi per un rinnovo contrattuale capace di rivalutare in modo significativo le retribuzioni di tutto il personale; l’impegno di dare giusto riconoscimento al lavoro che decine di migliaia di docenti svolgono precariamente per anni; l’impegno di definire in modo strutturale e stabile percorsi di abilitazione accessibili anche al personale di ruolo, mettendo la parola fine a una stagione troppo lunga di misure tampone che, come dimostrato dai fatti, non hanno risolto il problema di una precarietà sempre più diffusa né quello di un’insufficiente disponibilità di docenti in possesso dei titoli necessari, tanto che cresce di anno in anno il numero delle supplenze conferite attingendo alle istanze MAD, mentre sui posti di sostegno i docenti col titolo di specializzazione sono in nettissima minoranza.
Il dissenso sul modo in cui si stanno allestendo le procedure concorsuali è legato al venir meno di un principio che è stato a lungo condiviso dalle parti nei mesi scorsi: i concorsi straordinari avrebbero dovuto essere strutturati tenendo conto della platea cui sono rivolti, che è costituita da persone da tempo in attività (almeno tre anni scolastici), per le quali dunque è ragionevole assegnare alla valorizzazione dell’esperienza acquisita un peso prevalente rispetto a esigenze di selettività che avrebbero poca ragion d’essere – trattandosi di persone che da anni insegnano senza demerito – e che invece vengono riproposte in maniera quasi ossessiva. Sugli altri due punti (contratto e abilitazioni): il 19 dicembre vennero sospese le agitazioni già programmate poiché il Ministro assunse l’impegno, fra l’altro, di avviare entro gennaio il confronto sulle priorità per il rinnovo contrattuale, e sempre entro gennaio il tavolo sui percorsi di abilitazione. Siamo quasi a metà febbraio, di quei tavoli nemmeno l’ombra. E intanto incombe la scadenza entro cui il governo dovrà mettere a punto il DEF, delineando il quadro delle disponibilità per il contratto. Ecco quindi spiegato, sia pure in breve sintesi, come le ragioni della mobilitazione siano ben più della protesta per la mancata preventiva conoscenza dei quesiti concorsuali (come peraltro avviene, senza destare scandalo, in molte e molto importanti procedure selettive). Per questa ragione lo sciopero del 17 marzo, che riguarderà in modo specifico i temi del precariato, non esaurisce certo la mobilitazione: in altri tempi si sarebbe detto “ce n’est qu’un début”.
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